La Regione Lombardia continuerà ad autorizzare le ASST a permettere ai propri medici di esercitare la
libera professione in ambulatori esterni alle mura dell’ospedale, nonostante la legge nazionale da anni
preveda la limitazione di questa formula nell’ospedale stesso. L’Intramoenia cosiddetta “allargata” doveva
essere una pratica transitoria, per dare tempo agli ospedali di adibire al proprio interno spazi adatti
all’esercizio della libera professione, ma da anni la Regione Lombardia mantiene in vita il regime transitorio
per tutte le strutture nonostante la gran parte, anche grazie a risorse messe a disposizione dalla Regione
stessa, si sia nel frattempo adeguata.
La conferma dell’Intramoenia allargata nelle stesse modalità applicate fino a oggi, è contenuta nelle Linee
Guida in materia di attività libero professionali in sanità discussa ieri in commissione sanità e welfare del
Consiglio regionale.
Contrario il parere del Partito Democratico, che rimarca come la Regione non abbia la volontà di
regolamentare meglio questa pratica, come spiega la consigliera regionale del Pd Antonella Forattini: “La
giunta regionale non vuole porre un argine a questa pratica che la stessa Agenzia regionale dei controlli
indica come fonte di criticità, connesse anche all’allungamento dei tempi di attesa del servizio pubblico. Il
Poma è tra le strutture che si avvale dell’Intramoenia allargata, anche se non risulta tra le ASST prive di
spazi idonei ricomprese nella relazione dell’agenzia dei controlli. Noi abbiamo proposto in commissione di
regolamentare la deroga, per un tempo limitato, agli ospedali che ancora non si sono adeguati, ma la
maggioranza a guida Lega ci ha detto di no. L’Intramoenia deve essere una possibilità in più, ma sotto il
controllo dell’ospedale, altrimenti si può configurare come professione privata e questo non va bene. Mi
pare chiaro che non ci sia la volontà di riportare la libera professione all’interno delle mura dell’ospedale,
come dovrebbe essere.”
Un altro tema discusso ieri, sempre relativo alle attività libero professionali in sanità, riguarda la possibilità
per gli ospedali pubblici di “dare in prestito” i propri medici a strutture interamente private, mediante
un’apposita convenzione. Una pratica che secondo le norme nazionali dovrebbe essere eccezionale e
saltuaria ma che sta diventando invece una consuetudine consolidata.
“In territori come il nostro, dove c’è un solo ospedale che effettua interventi su specifiche specialità, come
ad esempio la senologia per il Poma, autorizzare questo tipo di convenzioni significa rischiare di impoverire
l’ospedale stesso – aggiunge Forattini -. Non ha senso dare questa possibilità quando, peraltro, pare non ci
siano liste d’attesa. Abbiamo chiesto di modificare le linee guida e stabilire criteri più stringenti e razionali,
a difesa della sanità pubblica e su questo ho chiesto anche alla collega Cappellari di sostenerlo, senza
successo. Evidentemente le sorti dell’ospedale di Mantova non preoccupano la maggioranza. Sta di fatto
che già molte pazienti ricorrono alle cure extra regione senza che il nostro ospedale metta in campo azioni

per invertire questa rotta. Penso che lavorare per mantenere posti letto e qualità dei servizi debba essere
una battaglia di tutti, a prescindere dalla parte politica.”