La carenza di medici negli ospedali è un fatto generalizzato e che preoccupa nel breve e lungo periodo. Guardando alla situazione di Mantova, con particolare riferimento al pronto soccorso, si è passati dall’eventualità di assumere medici in pensione a trovare scorciatoie che consentano di superare il concorso a chi oggi, invece, avrebbe difficoltà a dimostrare di avere i requisiti per parteciparvi. Il bando sarà pubblicato a breve e che confidiamo che avrà esiti positivi.

Occorre, però, chiedersi perché un bando a tempo indeterminato, aperto anche a specializzandi e a guardie mediche, venga snobbato.

Perché l’ospedale di Mantova non è attrattivo? Perché in meno di 4 mesi già 20 operatori, tra medici e infermieri, hanno lasciato di propria volontà la struttura, suppongo per lavorare nel settore privato? Le risposte andrebbero ricercate anche all’interno dell’ospedale, per capire se esiste una situazione di disagio e criticità e a chi vanno ascritte eventuali responsabilità.

Certamente questa situazione è stata creata dalla politica (di destra e di sinistra), che nelle nomine dei direttori, piuttosto che dei primari, non sempre ha scelto in base a merito e competenza, ma più spesso – purtroppo – secondo una logica spartitoria in base a chi governava in quel momento.

Ovvio che, poi, chi proprio uno “yes man” non è manifesti il proprio disagio. Da qui la scelta di emigrare nel privato, che negli anni in Lombardia ha sempre più catalizzato professionalità e pazienti, a volte sostituendosi addirittura al servizio pubblico. Privato che risulta sicuramente più stabile dal punto di vista dirigenziale e che offre remunerazioni più alte.

Se nel tempo si fosse lavorato per potenziare e sostenere il pubblico, mettendo a disposizione le necessarie risorse e strumentazione, e per dare certezza contrattuale al personale, anziché adottare contratti a chiamata o a tempo determinato, oggi non saremmo in questa situazione.