Cara, caro,

si è chiusa la lunga partita della revisione della Legge Sanitaria lombarda, che ci ha visti impegnati per mesi in Commissione Sanità – senza dialogo e senza possibilità di confronto per le chiusure del centrodestra – e poi per sedici giorni in Consiglio Regionale, dove si è ripetuto lo stesso atteggiamento.

Una legge sbagliata e inutile, sulla quale non potevamo che esprimere un voto contrario.

Con arroganza Fontana e Moratti hanno portato un progetto di legge calato dall’alto, non inserito nel territorio, sordo alle richieste degli operatori del mondo della sanità pubblica, delle associazioni del Terzo Settore e dei cittadini con i loro Sindaci.

Abbiamo raccontato tutto questo e portato i tanti casi di malasanità che ci avete segnalato, durante le sedici giornate in Aula. Ho preso personalmente la parola tre volte parlando per ore, allo scopo di accendere i riflettori sulle problematiche della sanità nel territorio mantovano, ma anche sulle carenze della medicina di territorio in tutta la regione, sulle esigenze in termini di salute mentale e di sanità nelle carceri. 

E’ stato un dialogo a senso unico. Il centro destra ha confermato tutta la sua ottusità nel non volersi spostare di un millimetro dal proprio disegno; quello di una legge che – nei fatti – nulla cambia e nulla risolve dei tanti problemi che sono stati resi evidenti drammaticamente dalla pandemia in questi due anni. 

La legge voluta dal centrodestra replica le stesse scelte ideologiche degli ultimi vent’anni, aumenta la confusione e non scardina l’attuale modello sanitario messo in piedi da Formigoni e rafforzato da Maroni. Quello stesso modello bocciato da Agenas, l’agenzia governativa di controllo che ha chiesto una revisione della legge sanitaria.

Moratti e Fontana hanno scelto la strada più semplice: fare solo le modifiche essenziali per far passare la legge, un maquillage che nella sostanza non cambia nulla. 

Hanno introdotto le Case e gli Ospedali di Comunità perché obbligati dal Governo, ma senza concertarne la collocazione con i Sindaci e senza mettere sufficienti risorse a disposizione affinché queste strutture siano efficaci.

In compenso, hanno fatto molta propaganda. Questa non è una riforma, ma una non-riforma, che lascia invariate le risorse regionali per la sanità.

Queste risorse, però, non sono sufficienti perché la Lombardia, che ha nel tempo smantellato completamente la medicina di prossimità per concentrare tutto il peso sugli ospedali, deve partire da zero e non ha nessuna rete pre-impostata, mentre altre Regioni dispongono già dei corrispettivi delle Case di Comunità e, ora, hanno bisogno solo di potenziarle.

Non sono stati per nulla affrontati, poi, tutti i problemi più critici della sanità lombarda che impattano in modo più diretto e visibile sui cittadini: le infinite liste d’attesa, la carenza di medici di base e di operatori sanitari

Nulla si è fatto nemmeno per riequilibrare il rapporto tra sanità pubblica e privata. Avevamo chiesto che la Regione assumesse un compito di programmazione per fare in modo che ai privati accreditati non sia lasciata la libertà di effettuare solo le prestazioni per loro più vantaggiose economicamente, lasciando scoperte le prestazioni fondamentali che non rendono così tanto.

In Lombardia resta, quindi, un sistema sempre più orientato a favorire il privato, che costringe il cittadino a rivolgersi alla sanità a pagamento aumentando le diseguaglianze.

Alcuni temi non sono nemmeno stati presi in considerazione. Quello del Terzo settore, ad esempio, che poteva essere inserito nell’impianto del Welfare. O quello dei consultori, per cui c’è una grave carenza in tutti i territori. A Mantova, ad esempio, dovrebbero essere il doppio.

Avevamo chiesto anche il taglio dei ticket sui farmaci almeno per la fascia di reddito fino a 70mila euro. È una sorta di tassa che va a colpire soprattutto i ceti meno abbienti, perché esclude solo pensionati al minimo e disoccupati. Troppo poco, visto che la Lombardia ha il bilancio in pareggio.

Tra gli aspetti più gravi c’è, poi, la totale incapacità di ascoltare il territorio e di affrontare le diverse esigenze locali. Il centrodestra ha bocciato, per partito preso, tutti gli ordini del giorno che abbiamo presentato su temi territoriali.

Mi ero assunta io l’incarico di portare in Consiglio le richieste della provincia mantovana, espresse dal Tavolo della Sanità Mantovana che tutti noi consiglieri regionali abbiamo sottoscritto, insieme a Sindaci e sindacati.

Richieste fondamentali, come la necessità di una ATS separata per Mantova, il ripristino dei distretti sul modello delle Assl, interventi per il rafforzamento degli ospedali di Mantova, Pieve di Coriano e Asola, sia in termini di strutture che di personale. Dal centrodestra c’è stata totale chiusura.

Tra pochi giorni inizierà una nuova battaglia, quella del bilancio previsionale che ci vedrà impegnati in Aula a partire dal 15 dicembre. Sarà una ulteriore occasione per portare di nuovo all’attenzione della Regione le esigenze dei territori, in termini di sanità e non solo.

Sto lavorando alle proposte che porterò come emendamenti al bilancio e ordini del giorno. Su questi temi non dobbiamo mollare la presa.

Continua a scrivermi. Leggo con interesse le segnalazioni e gli spunti che ricevo, materiale importante per dare impulso alle proposte che posso portare avanti come consigliere.

I più cari saluti.
Antonella