A ben vedere, alla base delle rivendicazioni degli agricoltori ci sono non solo le politiche europee ma anche le scelte del governo che, con l’ultima legge di bilancio, ha pesantemente impoverito il settore primario.
Tante le misure spot, pochi i provvedimenti strutturali, pesanti i tagli con cui gli operatori del settore agroalimentare dovranno misurarsi: la manovra del Governo ha abolito di fatto l’esenzione Irpef, prevedendo che le rendite catastali dei terreni siano di nuovo imponibili e rivalutate del 70% per quanto riguarda il reddito agrario e dell’80% per quello dominicale, cancellando inoltre i canoni agevolati per le rinnovabili, in contrasto con gli obiettivi di sostenibilità.
Grave anche l’impatto atteso dalla decisione dell’esecutivo di azzerare l’esenzione contributiva di due anni per gli agricoltori under 40, destinata a frenare il ricambio generazionale. Mentre impone il pagamento dell’assicurazione contro le calamità, la manovra non prevede alcun intervento per accise, costi energetici e materie prime.
La sostenibilità ambientale e la transizione ecologica sono processi necessari ma vanno accompagnati con risorse e strumenti adeguati.
La riforma delle Camere di Commercio, ad esempio, va completata perché potrebbe essere un valido aiuto per l’export, a beneficio in particolare dei piccoli produttori: c’è bisogno di votare leggi non sui maestri di cucina, come l’ultima voluta dal ministro Lollobrigida, ma che possano davvero sostenere il Made in Italy attraverso una politica nazionale che integri le normative europee.